LA LUCCICANZA (CD 2004)


LA LUCCICANZA (CD 2004)

* Federico Guglielmi - Il Mucchio
Dopo svariati demo la cantante Katya Sanna (che alcuni ricorderanno per la proficua militanza nei Dunwich)
Ha confezionato il suo primo album da solista, “una riflessione sul destino, sui dadi del caso e il filo della necessità, tra rimandi letterari e miti greci, tra suggestioni induiste e tracce di autobiografia” “La Luccicanza è realizzato con il prezioso contributo di Fulvio Biondo, e Sergio De Vito degli “Epsilon Indi”. Il CD offre canzoni avvolgenti all’insegna di un singolare techno-folk di sapore esoticheggiante; l’etichetta è la CNI.

* Federico Guglielmi - Il Mucchio
Assolutamente poco convenzionale è quello di Katya Sanna vocalist romana che alcuni ricorderanno nel gruppo “prog” (le virgolette sono obbligatorie perché la definizione è assai riduttiva) Dunwich. A coronamento di un precorso in proprio concretizzatosi in precedenza solo in una (pur pregevole)serie di CD-R giunge ora “La Luccicanza” (CNI) approntato con il contributo compositivo e interpretativo di Sergio De Vito (tastiere), Alessandro Bruno (chitarra) – entrambi negli Epsilon Indi, dei quali la stessa Katya è preziosa collaboratrice – e dell’altro tastierista Fulvio Biondo: un album che rifiuta la forma canzone ma non la melodia, utilizzando soluzioni per lo più elettroniche per allestire complessi scenari esotico-misticheggianti dove la voce della Sanna ha modo di mettere in luce tutta la sua forza evocativa attraverso gorgheggi litanie e liriche in italiano (in un caso in latino)intrisi di spiritualità. Estatici e visionari i 14 episodi del CD (2 dei quali remix, in chiave meno eterea e più ritmica a cura di Giorgio Baldi)sono in grado di garantire profonde suggestioni, a patto che si possegga una certa predisposizione alle atmosfere solenni e misteriose e si conceda loro un ascolto un minimo attento. Tenedo a mente che quanto contenuto in questi solchi digitali è un personalissimo e profondo rito catartico, e al di là delle eventuali apparenze non ha nulla da spartire con le plastificate frivolezze da Buddha Bar.         

* Maurizio Marino - Rockerilla
Molto differente la proposta di Katya Sanna che per il suo debutto “La Luccicanza”viaggia con le parole e con la musica, tra suggestioni indiane, timiche trip-hop e fondali sonori arcani e rarefatti. Merito di Fulvio Biondo, e Sergio De Vito degli Epsilon Indi, veterani della scena elettronica italiana, che curano la regia sonora del progetto, e soprattutto della vocalità impressionante della Sanna, che svaria tra le armonie tradizionali indiane (viene in mente Amelia Cuni)e i vocalizzi misteriosi di un certo dream-pop, da Liz Frazer a Lisa Gerrard. Un disco “alieno” e notturno, dal grande fascino interiore e dal valore internazionale.  

Diego Dal Medico
http://vilmes.altervista.org/vilmesjoomla/ArchivioLAvocetta/200427/html/3aweb.html
Capita raramente di riuscire a recepire il suono attraverso l’intero corpo ad un punto tale da lasciare impressa nella memoria una sensazione inequivocabilmente fisica, tanto che, se la cosa potesse essere oggettivata si potrebbe parlare tranquillamente di musica cinestesica. E’ quello che ho percepito nell’ascolto del nuovo lavoro di Katya Sanna, “La luccicanza”, per la riverberazione profondamente crepuscolare che in qualche momento mi ha provocato tensioni difficilmente sostenibili.   Una prevalenza di suoni cupi accentuati da un tappeto elettronico persistente ed in continua ebollizione che sbotta solo nella seconda parte del lavoro in improvvise sincopi groove, impregnato di minimalismo alla Terry Riley e di tessiture melodiche dilatate all’estremo tanto da rendere difficilmente memorizzabili e scindibili l’uno dall’altro i diversi brani. Un lavoro decisamente complesso che deve molto al grosso lavoro di studio che Fulvio Biondo e Sergio De Vito hanno costruito intorno alle potenzialità espressive della Sanna, voce potentissima che passa con la stessa facilità dalle geometrie pulite e predominanti del canto gregoriano con una certa accentuazione per le tonalità basse e viscerali, alle più anarchiche estremizzazioni sonore di gola e naso che rimandano chiaramente ai lavori di Meredith Monk (Dolmen Music). Per timbriche e costruzioni dei brani è inevitabile l’accostamento ai bellissimi primi lavori degli australiani Dead Can Dance (Aion, The Serpent’s Egg), anche se la Sanna si muove lontano dal concetto di canzone prediligendo l’idea dell’opera plasmabile, che si potrebbe ben adattare alla sperimentazione teatrale o alle esigenze della danza contemporanea. “La luccicanza” è un disco personalissimo, di non facile ascolto, con una pulizia del suono ineccepibile anche per gli ascoltatori più esigenti.

* Gazzello - www.esserirock.it
Katya Sanna, la luccicanza…ma questa qui da dove salta fuori?!
Qualcuno gliel’ha detto che noi siamo sulla Terra?!
Che siamo parte di una umile fanzine cartacea?!
Che spesso abbiamo a che fare con cd piuttosto imbarazzanti?!
Che tiriamo a fine mese a malapena (a proposito, si cercano sponsor!)?!
Dico io, Katya, ascoltami bene, non azzardarti più a mandarci cd come questo!
Vi rendete conte che questa qui, ci ha mandato un cd pieno zeppo di vocalizzi stralunati filolirici, filosperimentali, elettronica che Massi Vattac gli fa una pippa, come idee e anche come scelta dei suoni?! Le atmosfere, vogliamo parlare di atmosfere?!
Il cd suona al limite del surreale, va ascoltato rigorosamente al buio, magari in cuffia, o comunque ad un volume che possa far uscire tutte le frequenze, e ovviamente da sballati.
Ci vedo dentro un po’ di Ded Chen Dens, delle belle melodie mai banali (MAI BANALI!!!), tripòp, in alcuni punti ci rivedo anche i NIN di Still, un goccio di musica araba, o forse è meglio dire uorld miusic (penso sia questa, no?!), tutto molto tranquillo e pacato, mai sbrodolone.
Katya, non puoi fare le cose, hai capito?!
Non puoi fare un cd dove tutto è cantato da dio, le basi elettroniche e quelle percussive sono perfette e non c’è una sbavatura, persino nella registrazione (certi parti sono state registrate in una grotta vera, vero?!
Dai, tanto lo so che è vero!), dimmi che è uno scherzo!
Ti ricordo che siamo in Italia, e tu venendo da Roma ci sei dentro fino al collo!
E’ già la seconda volta che ci fai questo scherzo (vedi Esseri Rock n°14, se non sbaglio), in più questa volta è pure meglio, non voglio credere che possano esistere cd così perfetti.
Mi spiace molto il fatto che sia un grosso casino, un brutto guaio, cercare di spiegare cosa c’è dentro La Luccicanza, secondo me conviene provare ad ascoltarsi il cd. Facciamo così, voi (lettori) comprate il cd e poi mandate una recensione ad Esseri Rock, così magari si capirà qualcosa! 

* Giovanni Distaso - ID Box
"Suggestivo e ostico: questi sono gli aggettivi che mi sento di associare a questo cd, debutto solista per Katya Sanna. Suggestivo perché i brani si susseguono creando un atmosfera sognante, con rimandi a musiche "altre", evocando in particolare un Oriente quasi fiabesco; c’è un qualcosa di spirituale in quello che si ascolta su questo disco, come se la Sanna avesse voluto renderci partecipi di un suo percorso interiore di scoperta. L’aggettivo ostico deriva invece dal fatto che la forma canzone è rifiutata (tranne , forse, in "La curva che porta lontano", unico brano vagamente "canonico"): un uso abbondante di elettronica crea strutture molto libere su cui la voce di Katya Sanna si libra con vocalizzi e testi che spesso hanno una metrica spregiudicata (e non è un difetto). In conclusione, un disco affascinante, ma non per tutti i gusti, e che necessita di ascolti attenti e ripetuti: spesso dà l’idea di essere una colonna sonora, uso per il quale credo sarebbe perfetto."

* Vito Sartor - Mescalina.it
"La Luccicanza" è un disco profondo, affatto convenzionale e tremendamente spirituale: si capisce già dalle tracce d'apertura che la vocalist romana Katya Sanna (autrice e voce solista) ha voluto dare voce a qualcosa che evochi fortemente la natura lasciando a margine chi la abita. La sensazione è quella di ampliare le percezioni, come se in qualche modo gli elementi della natura vadano osservati per i suoni da essi emessi, andando oltre il corpo delle cose.
Ci si ritrova pienamente con il titolo dell'opera, che dona di per sè un senso spiccato alla mediterraneità. È poi il brano centrale "Il Luccichio" a svelare la chiave di lettura: i suoni vengono effettivamente riflessi, rimbombano ed echeggiano, trasportati dai gorgheggi e dalle litanie che la cantante segue dando al brano un forte senso di sperimentalità e di antimateria.
Queste elementi sonori potrebbero dare all'opera delle sfumature troppo orientali, invece le tecniche canore utilizzate dalla Sanna vanno ben oltre: dal bel canto ("La Curva Che Porta Lontano"), alla lirica e perfino acuti gregoriani ("I Dadi - Il Filo" e "Non Sapere di Più"). "Aurore" invece fa comprendere l'intenzione poetica dell'autrice omaggiando la tradizione letteraria del nostro paese, dando al testo un'espressione più esplicita: "banchi di nebbia salgono verso la luna / parcheggi umidi e lampioni accesi / finestre che si aprono al sole / aurore eteree aurore luminose".
Le vere intenzioni musicali di tutto il progetto vanno identificate in "Come l'elettricità del Lampo" dove l'autrice si supera lasciando ampio spazio all'elettronica di Sergio De Vito e Fulvio Biondo (Mondo EpsilonIndie), esecutori ed organizzatori di suoni in tutto il lavoro: ottima la loro impronta, anche in "Luminarie Nel Blue" e nella due versione remix di "Nutrito" e "Braccato". Da citare il lavoro musicale di altri musicisti come Alessandro Bruno alle chitarre in "Il Lucicchio" e l'ottima performance di ensemble nel classico indiano "Brahmodbav" eseguito da Tushar Parte (voce-autrice-arrangiatrice), Madhav Pawar (pakhwaj), Deepak Borkar (percussioni), Zarine Daruwala Sharma (sarod), ospiti speciali nel disco.
Quest'opera è severamente consigliata a chi ama avventurarsi nei futuri percorsi del digitale, a chi non ha preconcetti musicali e soprattutto a chi si ritiene semplicemente appassionato di musica."

* Piff - Passione Alternativa
"Un intreccio di sensualità e perbenismo, una scarica di elettromagnetismo virale, una sensazionale marcia di accompagnamento felino, Katya Sanna è questo, e quello che non si vede, è ciò che non sappiamo dire. Nata con un'anima vagamente melodica, questa artista tutta al femminile, si diverte a invertire volontariamente la propria vita nella propria musica, suscitando così un vero e proprio ribaltone culturale. Nelle sue conoscenze musicali, anche del buon pop rock e sopratutto dell'elettronica d'avanguardia, visibile ma poco addomesticabile. Questo disco nonostante la sua semplicità, è un agglomerato di geniali idee, tutte rinnovate e indirizzate verso delle sezioni ritmiche/basilari. Definirlo come un disco alternativo forse sarebbe sbagliato, infatti questo album altro non è che un grande lavoro da commercio bionico, formato da testi e brani orecchiabili, alla portata di tutti. Atmosfere medievali, si trasformano piano piano, in seducenti armi dell'amore, atmosfere mistiche invece si trasformano in vere affascinanti forme di impressionismo catartico. La voce di questa fanciulla, ormai stagionata dal tempo, è una calma sintetica espressione paradossale, caratterizzata in più parti da scanzonate reazioni istintive. In tutto il suo istinto, questo disco è un disco coraggioso, che osa, che non si tira mai indietro, è un disco fuori stagione, ma pieno di colori e sfumature interessanti, da favola. Undici pezzi e tre bonus track, vere perle di saggezza femminista, tirate e veloci, come allo stesso tempo, pensanti e lusinghiere, i più interessanti, "La curva che porta lontano", "Non sapere di più" e infine "Rosa Mistica". " Conclusione: bella d’amare, gioia di vivere!!

* Laura Deiana - Alternatizine
"Poche volte mi è capitato di trovarmi di fronte ad un album così difficile da recensire.
Poche volte, perché altrettanto pochi sono stati capaci di riunire insieme in un solo lavoro suoni appartenenti a generi musicali completamente diversi tra loro, riuscendo a fonderli e a plasmarli con un esito così affascinante ed armonioso.
Atmosfere che spaziano dall'ethereal più raffinato all'elettronica più sintetica e cerebrale, il tutto tra evocazioni di tribalismi mai assopiti nel profondo dell'uomo, che resuscitano il lontano tam tam di ancestrali tamburi e il profumo del vento d'Oriente.
Cantante dotata di un'estensione di quattro ottave, Katya Sanna, ci rapisce con la sua melodiosa voce che aleggia come spirito cosmico in, LA LUCICCANZA,(CNI, 2003), progetto a cui collaborano anche Sergio De Vito, Fulvio Biondo, (tastiere, programmazione, campionamenti) e Alessandro Bruno, (chitarre).
Arista, il cui amore per i miti e le leggende dei Celti ha spesso ispirato le sue creazioni, la Sanna era già nota dagli inizi degli anni '90 come cantate dei Dunwich, (band Gothic metal dalle connotazioni ethereal, che si richiamava agli oscuri misteri della "città annegata"), con la quale collaborò attivamente dal 1992 al 1997 e con la quale incise 3 demo tape, ("la tavola di smeraldo",1992; "Sul monte è Il tuono", 1993 e "Al di sopra del lago è il vento", 1993), a cui seguirono 3 C.D./L.P, di cui uno prodotto dalla famosa etichetta tedesca Rising Sun , ("Sul monte è il tuono" su etichetta genovese Black Widow,1994; "Il chiarore sorge due volte", Su etichetta Pick up e infine "L'eterna eclissi di ghiaccio", prodotta appunto nel 1999 dalla Rising Sun, Germany).
Amante di letteratura, scultura, pittura e fotografia, Katya Sanna ha sempre cercato la contaminazione tra le varie forme d'espressione e il connubio tra le differenti culture;
Basti pensare al fatto che per i 3 album prodotti con i Dunwich si avvalse musicalmente della partecipazione di ben 40 turnisti di varia estrazione musicale, con un supporto totale di ben 35 strumenti tra acustici ed elettrici !
Connubio tra culture e tradizioni dai più disparati angoli della terra che si ritrova non a caso in LA LUCCICANZA, vero e proprio viaggio dello spirito, in cui la fisicità della musica tipica dei popoli antichi viene accompagnata da sonorità artificiali e contemporanee, verso un risultato che veramente è in grado di abbattere le comuni barriere di spazio e tempo.
Viaggio che inizia tra i tamburi e le urla inquietanti ed arcane di I Dadi del Filo, continua nella melodiosissima ed eterea Aurore che si chiude con la voce recitante di Alessandro Bruno, ci ammonisce con la latina e medievale Rosa Mystica, ci porta in Oriente con Come l'elettricità del lampo e poi in lontani e notturni siti pagani con la sacrale Driade. Viaggio che ci incanta con fusioni di elettronica ed etereo canto, (Il luccichio), ci spiazza per lo stravolgimento delle comuni regole dei tempi musicali e testuali, (si pensi alla non corrispondenza delle pause musicali con quelle testuali in La curva che porta lontano), ci culla con una nenia dai tratti ambient-industriali, (Danzano lente) e ci sorprende ancora con Diapason che chiude solo sulla carta un album tanto affascinante quanto singolare per la sua non comune originalità.
Le tre Bonus Tracks non fanno altro che confermare, d'altra parte, la bellezza di La Luccicanza, dalla indiana Brahmodbahv ai remix in chiave tecno-dance di La curva che porta lontano e I Dadi del filo.
Giunta alla fine, non riesco tuttavia a farmi un'idea completa ad un primo ascolto e devo piacevolmente dedicargli la mia attenzione almeno altre 10 volte. A chi mi domandasse cosa "sia" e cosa "esprima" quest'album, posso dare con sicurezza ora solo una risposta:
Che parlare al singolare è già un errore per La Luccicanza poiché esso, proprio come uno spettro, è in grado di assorbire per poi riflettere, a partire dalla luce, tutte le sue infinite e meravigliose sfaccettature."

* Ankh - Ver Sacrum
"Il nome di Katya Sanna di certo non è una novità nell’ambito della musica alternativa italiana: questa notevole cantante ha infatti prodotto numerosi lavori, sia da solista sia con i Dunwich, autori di un demo tape e tre CD ufficiali e dai quali si è allontanata, credo, verso la fine del 1999; notevole è anche la sua collaborazione con molti di progetti, tutti estremamente interessanti: per fare qualche nome, potremmo citare tre ottimi gruppi che, al principio degli anni ’90, gravitavano intorno all’etichetta romana Angel Records: gli Engel der Vernichtung, gli splendidi e ineffabili Epsilon Indi e i Solar Lodge; ricorderei inoltre il suo contatto con gli Ain Soph, con i quali ha inciso il brano MAG. Quello in mio possesso è il suo terzo CD solista uscito dopo aver abbandonato l’organico dei Dunwich e devo constatare che, purtroppo, i due precedenti sono passati decisamente inosservati. In questo lavoro la cantante romana si fa aiutare da un paio di vecchie conoscenze: Sergio De Vito (Deus ex machina degli Ipsilon Indi) e Fulvio Biondo (uno dei due membri fondatori dei Solar Lodge). Caratteristica della voce di Katya Sanna è l’escursione di tonalità molto ampia, che le permette di spaziare e di sperimentare molto: di conseguenza in questo CD si possono trovare numerose influenze, dalla musica orientale fino a brani più sperimentali. I risultati sono spesso molto buoni anche se non posso negare che il CD nel suo complesso sembra essere affetto da un paio di difetti che in qualche modo ne limitano l’impatto complessivo: innanzitutto una mancanza di coesione che tende a confondere l’ascoltatore; inoltre, pur essendo un amante delle voci femminili, ho l’impressione che la vocalist romana, sebbene molto dotata, abbia ecceduto nel porre la propria capacità vocale al centro di tutto l’impasto sonoro, rendendolo a tratti un po’ troppo distaccato e facendo perdere al tutto un po’ di mordente. Si tratta, beninteso, di un buon lavoro, anche se ho l’impressione che le produzioni di alcuni dei progetti a cui ha partecipato (in particolare penso agli Ipsilon Indi, forse i più vicini da un punto di vista stilistico) siano state in grado di raggiungere livelli di eccellenza che qui si riescono appena ad intravedere, probabilmente proprio perché in essi la voce era parte di un amalgama più ampio, ricco e complesso che era in grado di esaltarne le caratteristiche."

* Fabio Igor Tosi - Sonicbands.it
Un vero e proprio viaggio nella mente di Katya Sanna, ecco cosa ci propone l’artista con questo suo disco intitolato “La Luccicanza”.
Elettronica che accompagna una voce sottile sensuale ed estremamente femminile, un incrocio tra tradizione, ritmiche dance, groove, pop e naturalmente elettronica. Episodi che sembrano trasmettere antiche visioni, o paesaggi ormai sotterrati nei meandri mentali. Katya Sanna riesce ad evocare certi sapori (con lo zampino di Fulvio Biondo e Sergio De Vito)con passaggi vocali che richiamano ai canti gregoriani che si mescolano a suggestioni etniche di provenienza orientale. Interessantissimi certi passaggi uniti ad atmosfere prevalentemente mistiche e a tratti rilassanti, a tratti claustrofobiche. Splendide “Aurore”, “Luminarie nel blu”, “Non sapere di più”, “Il Luccichio” e “Diapason”. Una proposta coraggiosa ed estremamente alternativa, che lascia una sensazione di riflessione su certi comportamenti umani, penso sia proprio questa la vera forza del disco, la fisicità nella musica che avevano popoli antichi imbottita di suoni moderni, che riesce a far riflettere soprattutto per la sacralità che aleggia nell’aria. Certamente un disco non immediato, ma estremamente affascinante, quasi un mondo parallelo e antico che riemerge prepotentemente.

 * Rokketto - CartaigenicaWeb
Chi ha visto il famoso film di Kubrick tratto dall’altrettanto famoso racconto di Stephen King (“Shinning”)sa che la “Luccicanza”è la capacità di percepire quello che non si può vedere, andare oltre la semplice percezione sensoriale, aprendo finestre sul passato, presente e futuro. Se questo è il significato che Katya Sanna voleva comunicare mediante il titolo dell’album, ecco, secondo me, risulta alquanto azzeccato. Non c’è dubbio che il metodo migliore per ascoltare questo album sia rilassarsi completamente e liberare la mente da pensieri e pregiudizi, cercando di assaporare ogni nuova atmosfera e sensazione: solo così si potrà godere interamente questo lavoro. “La Luccicanza” raccoglie 11 poesie vere e proprie, scritte ed interpretate in modo efficace, creando magiche atmosfere che vanno da una sorta di new age ad un sound decisamente elettro, ricco di parti corali e virtuosi vocalizzi. Da ascoltare la terza traccia (“Rosa Mistica”)dove quasi senza accorgersene ci si trova immersi in ambienti selvaggi, mentre una voce – quasi come una preghiera – ci dona una piacevole sensazione di leggerezza. Ma anche la 4°traccia, in cui una base sapientemente campionata e ipnotici cori provocano una sensazione di estraneazione e spaesamento; nel brano successivo (“Luminarie nel blu”)la voce diventa veramente sublime, quasi una filastrocca che riporta alla mente atmosfere simili a quelle create dall’inconfondibile voce della più conosciuta Enya. Insomma un prodotto davvero pregevole e sicuramente fuori dai consueti canoni sonori, che non passerà di certo inosservato.                 

*Andrea Mariacci - 21sth Century Music       
Con grande sorpresa a distanza di circa un anno dall’uscita del Mini-CD-R “Urania” (vedi pag.51 del numero 9/10)Katya Sanna è riuscita a dare alle stampe il suo primo CD “Ufficiale” e per giunta sotto l’egida della CNI. In meno di un anno l’artista romana è riuscita a distillare 11 pezzi (accludendo anche 3 Bonus Tracks di cui parleremo a parte)coadivata da 3 vecchie conoscenze del panorama romano: Sergio de Vito e Alessandro Bruno (Epsilon Indi) e Fulvio Biondo (Solar Orchestra)con i cui gruppi la cantante collabora da sempre. La voce è naturalmente il fulcro dei lavori di Katya anche se in questa nuova uscita e molto meno di contorno e di fattura quanto mai pregevole. Come creature misteriose uno stormo di voci ci accoglie (“I dadi e il Filo”)sottolineato da tamburi lontani; poi una breve aria melodica ci introduce al pezzo successivo. E qui ritroviamo il testo, la canzone, presente sul CD in ben 9 tracce (nelle restanti si tratta di vocalizzi), per giunta in forma quanto mai varie: dai testi in latino a brevi composizioni minimali simili a mantra, fino a brani narrativamente più estesi. “Aurore” è uno di questi sottolineato dalla chitarra di Alessandro Bruno con un breve commento vocale di Sergio De Vito. Brano descrittivo e sognante che scorre via liquido senza attriti, musica e testo tutti incentrati a descrivere paesaggi e sfumature di luce. Nella traccia successiva le luci si diradano fino a diventare fioche candele; “Rosa Mystica” è decisamente meditativo, introspettivo con un bellissimo campione misto d’acqua gocciolante ed echi metallici a fare da substrato al cantato in lingua latina (il testo è un classico). Entriamo in “Come l’elettricità del lampo” che vede il cantato sdoppiarsi prima nelle tonalità poi nelle sonorità; limpido e cristallino il sottofondo manipolato e distorto in primo piano, mentre le melodie si avvicinano a sonorità di stampo epico. La musica inizialmente limitata ad un pattern di batteria sullo sfondo, guadagna la scena nel finale con una breve sequenza di effetti prima della chiosa affidata ancora alla voce. “La curva che porta lontano” è una nenia lenta con tastiere dolci attraversate da echi, una voce limpida senza eccessi, semplice e diretta; più criptico il testo dove si nota la caratteristica “distorsione metrica” dei brani di Katya (anche se non nelle forme, a volte eccessive, delle esperienze con i Dunwich). In “Luminarie nel blu” si sente il tocco di Fulvio Biondo: campionamenti programmazione, ritmiche sono di chiara marca Solar Lodge mentre la voce è più uniforme, i testi sempre introspettivi. “Driade” fa invece affiorare gli archi sintetici di Sergio De Vito (sigillo Epsiloninano)e il cantato dapprima lento e calmo si infervora progressivamente insieme alla musica; cresce la tonalità ma l’andamento generale rimane calmo e controllato. Si perché la tempesta è in agguato. “Non saperne di più” ha un incipit elettronico pieno di tensione che si scarica su ritmiche sostenute sottolineate da sequenze accattivanti. Ritornano le distorsioni metriche del testo, si alternano vocalizzi e canto (bello il richiamo melodico a “Kataklò” brano del precedente lavoro “Urania” di cui questa traccia è l’ideale seguito). Una lenta processione di echi statici e spaziali caratterizza l’inizio di “Il Luccichio”; calma eterea perturbata prima dali excursus estremi della voce, poi da percussioni tribali ed una bellissima chitarra iperrarefatta che taglia e squarcia il tessuto sonoro. “Danzano lente” ha una trama soffusa e dilatata, attraversata da un miraggio ritmico simil industriale, su cui si incunea il canto, nuovamente alterato da filtri ed effetti: cupa e sotterranea. Chiude il tutto “Diapason”, un accenno una visione fuggente, breve e concisa, che sfuma nel silenzio. Un album da ascoltare tutto in un fiato, dall’inizio alla fine, un precorso denso di antitesi: ritmiche, melodiche e stilistiche che trova però in un ascolto complessivo. Elaborato in massima libertà espressiva (per ammissione della stessa autrice)questo lavoro rappresenta la sintesi delle idee musicali dell’artista accompagnato da una realizzazione tecnica pregevolissima (persino nel booklet del CD interamente curato da Katya). Personalmente ho apprezzato particolarmente “Rosa Mystica”, “Aurore”, “Driade”, “Il Luccichio”, “Danzano lente” anche come tracce singole quanto mai diverse tra loro.
Bonus Tracks: due remix di brani già ascoltati (“Nutrito” remix di “La curva che porta lontano” e “Braccato” remix di “I dadi il filo”)su cui non mi divulgo troppo, li considero dei semplici riempitivi e nulla più (preferisco i pezzi originali). Una parolina merita invece la traccia 12: si tratta di un rano di un altro gruppo che Katya Sanna ha deciso di ospitare nel suo CD. Pezzo decisamente etnico, dalle suggestioni indiane, cantato in sanscrito e accompagnato da percussioni e strumenti a corda. Un piccolo cammeo davvero gradevolissimo.                     
 * Giag www.giag.lv
"Katya Sanna croons its way through fourteen tracks of medieval-influenced misery and woe. "La Luccicanza's" sound is minimalistic and stripped down to the simplest yet harmonious lines, the slowest of lumbering electronic beats and laziest angelic vocals. At times brutal, at others more subtle, this album rely on excellent, healthy wad of melody. Sure, thats got gothic intentions, but what sets it apart from a scene groaning, through overload is the ability to use dark atmospheres to generate powerful music, that has a frenetic kick."