URANIA (CD 2002)


URANIA (CD 2002)

Coscienza.org
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Emozioni e memorie oltre i limiti umani di tempo-spazio

* Federico Borzelli – Musica (La Repubblica)
Il progetto musicale di Katya Sanna sfugge dai consueti consueti del pop e trova terreno fertile in ambiti che vanno dalla perfomance di danza alla sonorizzazione di esposizioni in cui le atmosfere sospese e gli arrangiamenti in stile ambient trovano il giusto contesto. La voce come nei precedenti lavori fa la parte del leone riuscendo a costruire arabeschi che ricordano le cose più belle dei Dead Can Dance.

* Andrea Mariacci – 21ThCentury Music
Cantante vocalista dotata di un’estensione di quattro ottave, Katya Sanna è la poliedrica artista della scena romana, sia come compositrice di musica completamente propria (come in questo caso)sia come collaboratrice in progetti musicali quanto mai variegati: dall’elettronica classica dei Solar Lodge a quella più contaminata degli Epsilon Indi, dalle atmosfere epiche/metal dei Dunwich a progetti jazz o di musica antica. 
Questo lavoro si colloca nell’ambito della musica elettronica fondata sull’incontro tra, basi, campioni e pattern sintetici e la voce, usata come un vero e proprio strumento musicale slegandola dalle limitazioni del testo scritto e riconsegnandola all’ascoltatore nella sua forma più semplice ed immediata. Le atmosfere sono varie: apre il CD “Contrada Suprema” un pezzo lento, cadenzato, sottolineato da una linea musicale semplice basata su echi e rintocchi di campane tibetane mentre la voce spazia libera. A questa segue in modo improvviso “Kataklò” traccia decimante ritmata, dove una cassa “dritta” incredibilmente “discreta” e poco invadente, accompagna voci duplicate e sovra incise. “L’Ombrello dei Sogni” è una lenta nenia, quasi una ninna nanna, sospesa tra suoni eterei e il tempo scandito dal battito di un orologio ancestrale. Tutto è comprimario nella descrizione di sensazioni sospese ed oniriche, protagonista è sempre la voce, singola o sovrapposta che in questo pezzo si mostra in tutta la sua versatilità cromatica. La successiva è “Chanterai por mon corage” ci porta nei territori della musica antica (si tratta infatti di un brano interpretato)ma con una trama di stampo simil-industriale tra echi metallici e rumori pneumatici. “Il Regno di Trinacria” chiude il CD con atmosfere dilatate, dove la presenza musicale, dopo un timido inizio, lascia ogni spazio espressivo a strati vocali quanto mai eterogenei, per riemergere solo al termine del pezzo ma sempre in sordina. Il lavoro è quanto mai breve (solo 17 minuti)ma in esso ritroviamo tutte le qualità che ci hanno fatto apprezzare Katya Sanna in altri progetti. La musica è semplice quasi un optional (anche se di buona fattura).
La voce è sovrana e protagonista; ci conduce in luoghi sconosciuti descrive sensazioni dolci e rarefatte. Ci porta sulle vette e poi ci precipita negli abissi senza soluzione di continuità. Piccolo,semplice, diretto. Un bel cammeo per chi già apprezza la voce di Katya, un occasione per gli altri di conoscere una realtà da tenere d’occhio.           

Marceffo - EsseriRock
1)Spegnere le luce
2)Accendersi un bel torcione
3)Procurarsi una birrettina da tenere lì sempre pronta all’uso.
Dopo che avete seguito queste istruzioni siete pronti per ascoltare questo dischetto!
Sappiamo poco di questa misteriosa Katya, e di certo la sua m_ _sica non aiuta. E alla fine questo è senz’altro un bene. Il cd inizia con quello che la mia ignoranza tende a chiamare synth, atmosfera rarefatta e soporifera. Anche un po’ frigorifera data l’atmosfera. Poi arrivano le voci sempre rarefatte con una notevole influenza che arriva probabilmente dall’aldilà. Tante voci che si sovrappongono si amalgamano e si compensano, ma non sono mai invadenti. Il ritmo come l’ho sempre inteso io non c’è mica sempre, ma però possiamo trovare degli splendidi tappeti (volanti) di m_ _sica elettronica minimale, con tempo appena accennato, rumori, qualche percussione. Sempre la mia ignoranza mi porta a paragonare il tutto con il Morto che Può Danzare quando è più rarefatto. Eh si, perché la roba che salta più nell’occhio (ahia!ahia! che dolore! L’occhio) è appunto questa rarefatteziosità che si può trovare in tutte le 5 tracce. Sembra un po’ come di guardare un film con le immagini lentissime, magari nello spazio. Potrebbe essere benissimo essere la colonna sonora di un documentario del futuro dove il pronipote di Piero Angela ci mostra le superfici di nuovi pianeti solo e rigorosamente disabitati. Suggestivo, ecco! Peccato che il viaggio duri così poco!